lunedì 8 luglio 2013

Del titolo e dei personaggi [parte 1]

Tre anni di Scuola comics mi hanno insegnato che esistono almeno due modi di scrivere una storia: quello base base consiste nel mettere in fila una serie di avvenimenti e costruire un'avventura; l'altro è il romanzo di formazione e sì, è quello che preferisco.

Non mi ritengo una gran narratrice di storie “pure” che non ruotino inevitabilmente attorno al protagonista, spesso appiattendo sullo sfondo tutto il resto. Pirandello, Svevo, come molti altri autori di inizio Novecento ci dimostrano che un uomo – un uomo anche piuttosto sfigato – e i suoi pensieri possono diventare i protagonisti di un racconto.

Ma, come nella maggior parte dei casi, la verità sta nel mezzo.
Ecco allora che la storia diventa il motore dei personaggi, il pretesto che li spinge a cambiare; perché cosa rende davvero interessante un essere umano, reale o fittizio, se non il suo percorso verso la maturità?


Parto da qui per gettare le basi delle mie storie, e creo i miei protagonisti. Ma per dare un'anima a questi omini di carta serve un conflitto. Così per P.T.S.D. ho scelto IL conflitto: la guerra, perché non esiste qualcosa che possa spezzare un essere umano con pari violenza e allo stesso tempo spingerlo ad evolvere. La sopravvivenza è l'istinto primario dell'uomo.

P.T.S.D. parla di un gruppo di persone che è sopravvissuto a una guerra, chi vivendola in prima persona, chi crescendo nella speranza di un futuro migliore. Ma non basta cessare una guerra per cancellarne il passaggio, per far andare via la paura.
Allora ci si stringe gli uni agli altri e si cerca di formare dei legami: nasce così la Squadra dei Falchi Neri, un manipolo di giovani mercenari guidati da un leader che col suo carisma tiene insieme questa specie di famiglia disfunzionale.

Volevo che Hawk, il capo, fosse un'antagonista totale, ma non mi piacciono i villain vecchio stampo. Così, accantonate le risate malefiche, i monologhi e le poltrone girevoli, mi restava un personaggio ambiguo, tanto cattivo quanto affascinante. Di un fascino sottile, quasi subliminale, una di quelle persone alla quale non sai dire di no.


Quando prendi in simpatia un personaggio, cerchi sempre di salvarlo. Cominci a ricostruire la sua vita, a dargli un obiettivo, a spiegare il perché del suo comportamento e razionalizzare le sue scelte; insomma cominci a comprenderlo.
Ma il “cattivo” ha un ruolo preciso nei meccanismi di una storia e non può diventare “buono”.
Allora ho pensato: e se ribaltassi la situazione?
Se facessi in modo che il fascino che esercita sugli altri personaggi sia proprio ciò che lo rende spregevole?

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